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recensioni dei fans

RECENSIONI DEI VISITATORI

Captain Fantastic And The Brown Dirt Cowboy
 

Captain

inviate la vostra recensione di un disco di Elton e sarà pubblicata in questa sezione.
non preoccupatevi, non cerchiamo critici professionisti, ma le impressioni, positive o negative, dei fans!




Giorgia Turnone  (2010)


40 (+1) anni d’ispirazione
1975: qui s’interrompe la Storia… ed inizia la Leggenda



E mo? E adesso chi guarda la classifica di Billboard? Qui è un problema pure pensare di finire l’ascolto dell’album, se ci sono sopravvissuti alla prima canzone. Perfetta. Ed è solo la prima traccia. Le seguenti sono sulla sua falsariga. Cinque lettere, un amore, un lungo brivido in fondo al cuore. E-l-t-o-n. Dal 1975, in America è un nuovo modo per dirsi ti amo.
E sì, perché un album così bello, così grosso, così “brown”, così “born in the USA”, così eltoniano, ti porta a cose del genere, anche alla nascita di nuove forme d’amore, quelle per esempio tra un essere umano e un LP. Dal 1975, in America, potreste vedere la gente andare in giro baciando, ai semafori, un vinile. Probabilmente con dolcezza. Sopra ci sarà la faccia di Elton John. O quella di Bernie Taupin. O di Gus Dudgeon. O quella di uno qualsiasi degli eroi di questo album.
Sarebbe un modo per sopravvivere, per cercare di non pensare a quello che rappresenta quel numero, sì, proprio QUEL numero, quello piccolo piccolo piccolo: uno. Uno, anzi, primo. Nelle classifiche di Billboard. Mai nessun disco aveva debuttato direttamente lassù. Ma sarebbe la cosa più normale per portare rispetto a quella che è la perfezione di Captain Fantastic And The Brown Dirt Cowboy: troppa. Straripante. È stato l’album più eltoniano da realizzare. Non “eltoniano” di musica, eltoniano di essenza e di spirito, perché è totalmente autobiografico. Perché rispetto a capolavori (forse) superiori (MA DI QUANTO??!) come Tumbleweed Connection e Madman Across The Water, tale LP è qualcosa di persino più difficile, perché contrariamente ai primi lavori, questo ha battuto un certo potere maligno e malefico che si chiama “pressione”. Perché dopo il successo formidabile di Goodbye Yellow Brick Road, “tutti” (i “tutti” che ti fanno re e nello stesso istante ti condannano ad uno stato di perfezione assoluta che non dura mai) si aspettavano la riconferma. Ed è questo il muro che i comuni mortali non superano. Producono album su album che risultano essere solo pietre utili a costruire una struttura (musicale) perennemente tendente verso il basso, una parabola discendente che prosegue e conclude il suo cammino, inesorabile.
Elton John e Bernie Taupin, no. Hanno abbattuto il muro della pressione semplicemente soffiando, con la stessa semplicità di un bambino che spegne le candeline della sua torta di compleanno. Perché in questo album davvero non si riescono a cogliere punti deboli o mancanze, e quella freschezza di inizio carriera pare sia rimasta inalterata. Come l’acqua limpida delle sorgenti che ancora non è stata inquinata. Sì, la loro classe è limpida così. Tanto limpida da potersi specchiare dentro.
Captain Fantastic And The Brown Dirt Cowboy è la titletrack che rappresenta l’album in tutte le sue sfaccettature. Sembra la descrizione dei protagonisti di un romanzo: il “Captain Fantastic, raised and regimented hardly a hero” ed il “Brown Dirt Cowboy, still green and growing”. Splendida l’intro alla chitarra che richiama una certa atmosfera country.
Con Tower of Babel si abbandona la perfezione e si passa allo stratosferico. La Elton John Band è al suo picco. Il testo di Taupin, forse allegorico, forse metaforico, in ogni caso superbo, è senza dubbio alcuno uno dei più enigmatici del repertorio. Ma la voce del Capitano Fantastico, così soave ed angelica, riesce a dare un senso a quelle parole alle nostre orecchie incomprensibili, alle loro così familiari. Snow… cement… junk… angel… come leggenda vuole, non sapremo mai il reale significato.
Il terzo capitolo di questa splendida autobiografia è Bitter Fingers. Musicalmente parlando, lo stratosferico scema in sublime, ed il testo del Cowboy è, manco a dirlo, di difficile comprensione, ma si può leggere, tra le righe, di certe abitudini giovanili del paroliere (“I'm going on the circuit, I'm doing all the clubs and I really need a song boys to stir those workers up and get their wives to sing it with me, just like in the pubs when I worked the good old pubs in Stepney”) quando era un ragazzino. Non che ora sia molto più grande, visto e considerato che a soli 25 anni sta contribuendo a fare la storia.
Elton John canta e racconta della nostalgia di Bernie verso la sua terra, sentimento ampiamente trattato in Goodbye Yellow Brick Road. Tell Me When The Whistle Blows è la quarta traccia dell’album e qui il nostro caro pianista riesce ancora una volta a deliziarci con una genialità che davvero trapela da ogni parte del suo corpo: il suono del suo pianoforte (il cavallo del Capitano) rende davvero l’idea di un “fischio” che suona, e crea un’atmosfera veramente calda, richiamando alla mente di Taupin la sua vita da giovane campagnolo.
Come in ogni libro (autobiografico o no che sia) che si rispetti, non poteva di certo mancare la storia d’amore. Qui ce ne sono addirittura due, ma non corriamo troppo, altrimenti ci roviniamo il finale di questa splendida storia. Someone Saved My Life Tonight è stato l’unico singolo tratto dall’album, perché effettivamente ha risvolti più commerciali rispetto al resto della produzione. La produzione è dolce, le parole di Bernie anche, la voce di Elton John ovviamente non poteva differire e distaccarsi da questo filo conduttore. Il testo racconta la fine dell’amore (in realtà mai provato) del Capitano verso tale Linda Woodrow, che sarebbe dovuta diventare sua moglie. Fortunatamente (per Elton e per la sua carriera) il matrimonio andò a monte, in seguito ai consigli di Bernie Taupin e Long John Baldry. Il geniale pianista tentò di togliersi la vita dopo aver dichiarato il suo… “non-amore” alla ragazza, e indovinate chi ha impedito questo suicidio alla Woody Allen? Taupin. Anche Lassù si sapeva: questo album doveva nascere.
(Gotta Get A) Meal Ticket ha una trama frizzante ed incredibilmente piacevole all’ascolto, quel buon vecchio “duro” rock che ogni amante di buona musica vorrebbe sentire dal proprio idolo. Il testo è, per non distaccarsi troppo dai canoni di scrittura seguiti fino ad ora, di mille interpretazioni, di cui però solo una sarà quella vera. Bisognerebbe entrare nella mente del paroliere per coglierla, quella mente così inaccessibile, così elevata, quella mente che conosce tutti i segreti di Elton John e di quel mondo a noi, per forza di cose, sconosciuto.
Non più sublime, ma capolavoro assoluto Better Off Dead, assolutamente un pezzo per cuori forti. Nigel Olsson alla batteria crea un’atmosfera lugubre, catapulta l’ascoltatore in vecchie strade londinesi mal frequentate. Live poi, questo pezzo è una meraviglia (soprattutto con il funambolico Cooper alle percussioni! Roba da svenire). Le parole probabilmente fanno da cornice ai bassifondi londinesi cui Elton e Bernie erano soliti recarsi in gioventù. Questi sono i piccoli segreti di grandi geni.
Che dire del penultimo capitolo, Writing? Fa da prologo al meraviglioso finale che seguirà. Writing, “scrivere”. L’attività principale di Taupin, senza la quale probabilmente non sarebbe nato Elton John. O meglio, forse Elton John sì, ma il Capitano Fantastico di sicuro no. Forse musicalmente risulta inferiore rispetto ai precedenti (e successivi) pezzi, ma cavolo in questo album niente può essere criticato. Quindi… eccellente anche la traccia numero 8.
E. E adesso?
Adesso che facciamo? Come ci arriviamo alla fine del romanzo? L’unica soluzione è andare, in apnea, eltoniani come sempre.
E dunque scorrono i titoli di coda su questo meraviglioso capolavoro, che senza dubbio rappresenta il picco della seconda parte di carriera di Elton John e Bernie Taupin. We All Fall In Love Sometimes/Curtains non si possono dividere, sono come i loro autori, gemelli, complementari, un tutt’uno. Dividere queste due canzoni significa spaccare a metà LP, cosa che MAI i nostri occhi (e più in generale quelli di ogni signore con un minimo di lucidità mentale da saper cogliere la differenza tra “musica” e “rumore”) vorrebbero vedere. L’ultimo capitolo dunque racconta dell’amore tra Elton e Bernie. Sì, proprio “amore”. Perché l’amore non è solo quello fisico, sessuale, Taupin racconta tutte le sfaccettature di questo sentimento che in minima parte è presente in ogni essere umano, e trattandosi di album autobiografico, non vi è dubbio alcuno che l’amore raccontato sia quello fraterno tra il Capitano ed il Cowboy. Per stessa ammissione di Elton John, questo testo è uno dei più belli e commoventi mai scritti dal suo paroliere, tant’è vero che anche a lui sono scappate le lacrime… ma non solo. Pure a noi. Udire la sua splendida voce, angelica (questa volta) come non mai, decantare quel legame indissolubile con l’abbronzato Cowboy, e soprattutto al termine di un album così, è da pelle d’oca.
Captain Fantastic And The Brown Dirt Cowboy dura esattamente 47 minuti e 2 secondi. All’incirca un’ora. E’ un bene che il disco abbia debuttato direttamente al numero 1 delle classifiche. Così è Leggenda. E l’ascoltatore, quando ode tale perfezione concentrata in un solo LP, cerca di recuperare quel pezzo di vita che ogni fan di Elton John e Bernie Taupin ha lasciato lì. Non è un’ora (di ascolto) in meno, ma un’ora in più, che avvicina il confine tra il terreno ed il divino. Perché qui si interrompe la Storia. Ed inizia la Leggenda.
Curtains si conclude con la voce di Elton John che fa da eco ai cori della sua band. Quella voce che simula davvero il fischio del vento che scuote il Vecchio Spaventapasseri lasciato lì, in un campo che non sarà seminato mai più.
Mai più così bene. Mai più da quei Due.




   

di Stefano Orsenigo  (2011)

A metà degli anni 70 Elton John ha raggiunto l'apice della carriera: cavalcando la moda del glam-rock si è imposto nelle classifiche inglesi, condividendo la gloria con una folta concorrenza, ma il talento melodico influenzato dalla musica americana gli ha permesso di sfondare senza rivali nelle charts USA, per ultime quelle R&B con singoli come Bennie and The Jets e Philadelphia Freedom. Dopo il primo trionfale Greatest Hits e i duetti live con John Lennon in un ideale passaggio di testimone nella storia del rock, Elton coglie l'occasione per realizzare un disco autobiografico dedicato agli anni della gavetta, quando il ventenne Reg Dwight (il Capitano) e il fido Bernie Taupin (il Kid, un cowboy nell'anima) sbarcavano il lunario in una Londra poco swinging.
La forma è quella del concept album, di moda all'inizio del decennio (Tumbleweed Connection non lo era ma si avvicinava all'idea), con tanto di copertina surrealista-visionaria e un singolo estratto poco radiofonico (Someone saved my life tonight); non ci sono grandi sperimentazioni ma si percepisce un che "di testa", un lavoro più studiato e pensato, meno spontaneo del solito. Curtains per esempio rinuncia alla struttura strofa-ritornello per un lento crescendo, dal testo pieno di auto-citazioni a prima vista fumose, che sfocia in un lungo coro su un tappeto di batteria e percussioni.
Personalmente, dopo Elton John questo Captain Fantastic and the Brown Dirt Cowboy è il suo album che mi ha richiesto un maggior numero di ascolti per essere metabolizzato e apprezzato, tanto che ai primi tempi gli preferivo Caribou e Rock of the Westies (che avevo acquistato prima), più immediati e sopra le righe.
Elton in ogni caso non cerca la messinscena teatrale o le pose da artista intellettuale, la sua è la giocosa auto-celebrazione di una personalità visceralmente eccessiva e spettacolare, di un talento che conquista le masse anche perchè capace di non prendersi troppo sul serio.
La musica è un pop-rock di taglio sartoriale, con canzoni che partono lente ed esplodono nei ritornelli come la stupenda title-track deliziosamente country o Bitter fingers, altri brani dall'andatura media e costante ma non meno epici, come Tell me when the whistle blows arrangiata con archi soul e Tower of Babel (la mia preferita) che contiene uno dei migliori assoli elettrici di Davey Johnstone. Le ballate melodrammatiche al piano (Someone saved my life tonight e We all fall in love sometimes) e il rock tirato (Meal ticket) sono tra il meglio dei rispettivi filoni eltoniani, mentre il tocco eccentrico lo dà la cabarettisitca Better off dead, incantevole anche per i cori. Il suono è molto equilibrato e puntuale, Elton sembra fare un passo indietro e limitare i virtuosisimi per lasciar spazio al lavoro della band (gli altri sono Olsson, Murray e Ray Cooper); a costo di sembrare incontentabile, avrei sostituito Writing (troppo esile e lieve per piacermi) con la bella B-side House of cards e avrei scelto una conclusione più movimentata rispetto alla celebratissima Curtains, che non mi ha mai davvero conquistato.
Anche così, Captain Fantastic resta un ottimo disco utile a ribadire che dopo l'era dei Beatles venne l'era di Elton John.

Voto 8

di Angelo   (gennaio 2012)

Se qualcuno dovesse pormi la fatidica domanda "qual'è il tuo album eltoniano preferito?" sarei molto indeciso: "Sleeping with the past" è stato il primo che ho ascoltato e che ho amato a soli 5 anni, "Blue moves" mi strega letteralmente dall'inizio alla fine, ma alla fine credo (e sottolineo credo) che "Captain Fantastic and the Brown Dirt Cowboy" possa aggiudicarsi il titolo.
E' un album compatto, senza sbavature, senza tracce riempitive, si sente dal primo ascolto; ogni pezzo è importante e, come un puzzle, ogni pezzo contribuisce a rivelarci un'immagine, quella di Elton e Bernie all'inizio della loro carriera artistica.
Non ci sono pezzi che metterei in una mia personale Top10, forse solo "Someone saved my life tonight" e "We all fall in love sometimes", eppure il complesso di questo album, l'insieme di questi singoli pezzi mi piace tantissimo, lo trovo un abum praticamente perfetto.
Ecco le mie pagelle:

1°) CAPTAIN FANTASTIC AND THE BROWN DIRT COWBOY - voto 8,5 - ritmo bellissimo, un'apertura d'album eccellente, le chitarre sono davvero ineguagliabili; il testo è molto simpatico, l'idea del Capitano e del Cowboy mi piace molto.

2°) TOWER OF BABEL - voto 7+ - bel rock, forse un po' ripetitivo, ma tutto sommato si lascia ascoltare bene!

3°) BITTER FINGERS - voto 8,5 - grandissimo rock, il migliore pezzo veloce dell'album, semplicemente non puoi restar fermo quando lo ascolti! grande assolo di chitarra!!

4°) TELL ME WHEN THE WHISTLE BLOWS - voto 7- - il pezzo più debole dell'album, mi ci è voluto un po' per apprezzarlo un minimo; diciamo che la posizione che occupa non aiuta di certo a dargli valore; un po' monotono.

5°) SOMEONE SAVED MY LIFE TONIGHT - voto 9+ - capolavoro assoluto; il testo di Bernie è bellissimo, adoro il riferimento alle farfalle libere; il pianoforte è il vero protagonista di questo pezzo memorabile; ottima l'interpretazione di Elton; capolavoro.

6°) MEAL TICKET - voto 7+ - canzone semplice, ma che si lascia ascoltare volentieri; deboluccio il testo.

7°) BETTER OFF DEAD - voto 7,5 - gran pezzo, che ha nella sua brevità il suo punto di forza; è un concentrato di batteria, piano e cori veramente ben riuscito.

8°) WRITING - 7+ - pezzo carino, dalle atmosfere calde, mi fa pensare al mare, diciamo che nella sua semplicità sa essere rilassante.

9°) WE ALL FALL IN LOVE SOMETIMES - voto 9- - altro capolavoro dell'album, la musica è davvero bellissima e la voce di Elton è al massimo della sua capacità interpretativa; splendida.

10°) CURTAINS - voto 8,5 - chiusura straordinaria di un album straordinario; musica dolcissima, ma è il testo il vero cavallo di battaglia di questo pezzo; unica pecca il finale forse un po' troppo lungo e ripetitivo, lo avrei tagliato di un buon minuto intero...peccato davvero, cmq un grande pezzo.

Terminate le pagelle, non mi resta che dire che questo album è davvero bellissimo, poco sfruttato all'epoca nonostante il successo ottenuto; un solo singolo estratto e un tour "condiviso" con un altro album, il successivo "Rock of the westies". Siamo di fronte all'eccellenza della musica.